L’origine della civiltà nuragica, sviluppatasi in Sardegna tra la tarda età del bronzo e l’età del ferro (1500-500 a.C.), è avvolta nel mistero e nel mito. Diversi studiosi accreditano l’ipotesi che i nuragici siano da riconoscersi nei Shardana, uno dei “Popoli del mare” menzionati nei documenti egiziani tra il XVI e il XIII sec. a. C. Di loro si sa che erano molto aggressivi e che razziarono il Mediterraneo su navi da guerra.
Potrebbero dunque avere un’origine anatolica quegli uomini vestiti con uno scudo tondo e un’elmo provvisto di corna rappresentati nei bronzetti, tanto più che il loro nome sembra avere la stessa radice “srdn” da cui deriva l’”ethnos” dei Sardi e che si trova incisa in fenicio sulla “stele di Nora” dell’VIII sec. a.C.
Stele di NoraLe notevoli manifestazioni architettoniche nuragiche hanno a loro volta ambigui significati. Oltre i nuraghi, gli antichi sardi costruirono infatti strutture di ispirazione funeraria e religiosa. Le “case dei giganti” erano un’evoluzione delle strutture megalitiche prenuragiche in tombe a camera allungata e presentavano all’ingresso una stele megalitica circondata da un’esedra che riproduceva i simboli taurini legati alla fertilità e alla rinascita. Ma decisamente molto affascinante è anche il mistero che circonda i “pozzi sacri”, probabilmente legati al culto delle acque ma anche alle osservazioni astronomiche. Nel pozzo di Santa Cristina a Paulilatino ogni anno negli equinozi la luce del sole “scende” la scala di ingresso fino a raggiungere lo specchio d’acqua. Ma ancora più suggestivo è il fenomeno, che si ripete ogni 18 anni e 6 mesi, della “luna nel pozzo”, secondo il quale la luna, quando è alla sua massima declinazione, si specchia interamente nell’acqua, che richiama il principio femminile dei riti prenuragici.
Pozzo sacroI misteri circondano però anche la storia sarda più antica. L’altare prenuragico di Monte d’Accodi, risalente al II millennio a.C., ha una configurazione a ziqqurat decisamente anomala per la Sardegna e molto più vicina a certi templi del vicino Oriente. Probabilmente sulla sommità dell’enorme cumulo di pietra che costituisce l’altare e a cui si accede attraverso una rampa si celebravano riti propiziatori legati alla fecondità della terra o al culto dei morti. Sempre alla stessa epoca risalgono le strane statue monolitiche in trachite scura di Laconi, dove le figure maschili e femminili sono rappresentate da segni incisi con l’ossidiana e da apparati genitali appena abbozzati.
La storia più affascinante è però probabilmente l’ipotesi elaborata da un noto studioso sardo, Sergio Frau, che rileggendo Platone e la storia egizia sposta le colonne d’Ercole al canale di Sicilia e individua proprio nella Sardegna la perduta Atlantide.