Il sardo è una vera e propria lingua ( riconosciuta con legge regionale nel 1997 e nazionale nel 1999), anche se è frammentata in innumerevoli dialetti, distinti per zone o addirittura per paese, a partire dalle quattro varietà principali riconosciute dai glottologi ( campidanese, logudorese, sassarese e gallurese).
Tra gli idiomi di origine latina è quello che meglio conserva tratti e parole della lingua madre, ma sono facilmente riconoscibili in esso le influenze arabe, fenice, pisane, catalane, liguri, a testimonianza delle numerose dominazioni che hanno contrassegnato la storia dell’isola.
Così Alghero, caratteristica città del nordovest sardo che si trova proprio di fronte a Barcellona, da cui dista 300 miglia, si chiama più correttamente Alguer, nome che ha assunto nel 1354, anno della conquista di Pietro IV d’Aragona.
Da allora la città è diventata decisamente catalana, come testimoniano l’idioma dei suoi abitanti e il nome dei suoi monumenti (la torre di San Juan, il bastione del Mirador, il palazzo de Ferrera).
L’Isola di San Pietro invece ha conservato ancor oggi i segni della colonizzazione dei tabarkini di origine ligure che vi si stabilirono agli inizi del ‘700. Così la sua lingua è genovese, mentre la cucina presenta accostamenti curiosi quali la farinata di ceci tipica dei forni di Genova e Savona assieme al cashcà che deriva dal cous-cous tunisino.
Oggi un forte movimento di difesa e valorizzazione di “sa limba” ha portato alla diffusione di un bilinguismo culturale nella sfera letteraria, nelle università, negli enti pubblici e nello stesso tempo ha contribuito a far conoscere le caratteristiche dell’idioma sardo anche fuori dai confini isolani.
Così se recente è la traduzione in sardo della “Sa Bibbia Sacra” (edizione ufficiale della CEI), già dal 1994 esiste un dizionario nugoresu-giapponesu-italianu, opera di Shigeaki Sugeta, il quale dà anche lezioni di sardo agli studenti di linguistica romanza della Waseda University di Tokio.
Dal 1979 il professore giapponese gira in pullman la Sardegna intervistando massaie, pastori e contadini ed ha raccolto e tradotto 1500 vocaboli della parlata nuorese, la meno contaminata fra le lingue sarde.